(foto di Lucia Proganò)
Tornano ad esibirsi a Roma a distanza di due anni i Sigur Rós, la “cult band” islandese che si è imposta all’attenzione del pubblico internazionale grazie alla loro originale miscela di post-rock, elettronica e musica tradizionale.
Questa volta però l’atmosfera è decisamente diversa: Jón Þór (Jònsi) Birgisson , Georg Hòlm e Kjartan Sveinsson, tutti originari di Reykjavik, hanno pensato di affrontare il nuovo tour insieme ad una orchestra sinfonica, che è sempre diversa, a seconda della città in cui si effettua la data. Questa sera, a Roma, è toccato ai giovani musicisti della PM Projects Orchestra, 41 elementi in tutto, che hanno ricevuto gli spartiti dalla band pochi giorni prima del concerto.
In scaletta troviamo brani tratti da “Atta”, il loro ultimo album (un disco che si presta ad arrangiamenti sinfonici), pezzi tratti da “Takk” (un disco che celebra i venti anni dalla prima data di pubblicazione) e i più grandi classici del passato che sono stati riarrangiati per l’occasione. Si tratta di un progetto ambizioso, che non verrà più ripetuto e che ha preso le mosse dalla riuscita collaborazione con la London Contemporary Orchestra, la prima a misurarsi con i brani di “Atta”. Abbiamo avuto la fortuna di partecipare ad un rito, ad una esperienza solenne, divisa in due “set” da sessanta minuti l’uno. Una musicalità eterea, inizialmente dominata dalla sezione d’archi, dalle note dei violini, che hanno poi lasciato spazio alla voce angelica di Jònsi, dapprima timida poi sempre più convinta e capace di toccare l’anima degli spettatori presenti in sala.
Visioni oniriche accompagnate da un flusso armonico che spinge alla meditazione, e da un canto che mescola la lingua islandese con il “vonlenska”, un codice linguistico senza significato, fatto di gorgheggi e di emozioni, che assimila la voce ad uno strumento musicale. Viene chiamato “il linguaggio della speranza” ed è stato ideato dagli stessi Sigur Ròs, che hanno creato un’ideale punto di contatto fra la loro cultura e l’ambiente circostante. C’è la quiete dei paesaggi islandesi, ci sono gli scrosci improvvisi delle cascate, o delle frane originate dai ghiacciai.
Abbiamo ascoltato sonorità trascendentali in un contesto reso ancora più suggestivo dalle piccole luci calde che hanno interagito con i diversi temi armonici e sono cambiate di intensità nel corso del concerto. Fasi d’ombra, in corrispondenza di arrangiamenti decisamente cupi, momenti di luce quando invece le melodie si sono fatte più rilassate. Un concerto carico di “pathos”, ma volutamente non spettacolare, in cui la musica d’ambiente ed un minimalismo classicheggiante hanno avuto la meglio sull’elettronica più aspra che solo nella seconda parte del concerto ha trovato un po' di spazio.
Soltanto allora la tensione elettrica ha trovato sfogo, grazie ad alcuni “crescendo” percussivi, a carattere epico, che hanno ricordato le origini della band. A fine serata possiamo affermare che i Sigur Ròs sono riusciti a mettersi in relazione con il pubblico, a portarlo dalla loro parte, all’interno di un percorso sonoro articolato e teso verso un qualcosa di ancestrale, ben oltre i limiti dell’esperienza umana.
SETLIST Set 1 Blóðberg Ekki múkk Fljótavík 8 Von Andvari Starálfur Dauðalogn Varðeldur
Set 2 Untitled #1 – Vaka Untitled #3 – Samskeyti Heysátan Ylur Skel All Alright Untitled #5 – Álafoss Sé lest Hoppípolla Avalon
Articolo del
15/09/2025 -
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