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Il ritorno in Europa dei Radiohead in questo novembre, il tour tocca l'Italia per quattro attesissime date all'Unipol Arena di Bologna dal 14 al 18 novembre, è una buona occasione per leggere "Pop is dead. La storia dei Radiohead" di Fernando Rennis, edito da Nottetempo, un libro che svela la strategia anti-convenzionale del gruppo conducendo un'analisi pronta a smontare i cliché e che collega Thom Yorke alla tradizione del genio pop schivo inaugurata dagli Smiths, un'altra band di cui Rennis è profondo conoscitore. Non aspettatevi una celebrazione, quanto critica culturale in forma di libro
Rennis, che ha già dimostrato le sue doti con "Charming men. La storia degli Smiths", applica ai Radiohead lo stesso approccio e un comune denominatore: l'affermazione del genio attraverso il rifiuto dell'etichetta. Il libro non è infatti una semplice biografia, qui i cinque di Oxford servono per decifrare l'agonia e la rinascita del pop nell'era digitale. Se gli Smiths celebravano l'identità del reietto e l'ironia contro il potere (come nel caso di The Queen Is Dead), i Radiohead hanno portato questa resistenza a un livello strategico e sonoro. Thom Yorke e soci sono stati infatti i più grandi troll dell'industria musicale, capaci di odiare la loro stessa hit (Creep) e, da lì, costruire una carriera sul continuo sabotaggio del successo.
Rennis smonta inevitabilmente il cliché depressivo dimostrando che i Radiohead sono stati meno cupi e meno "sperimentali" di quanto si creda. La loro anomalia è stata la capacità di mantenere una base melodica pop sotto architetture sonore più complesse. Hanno costretto l'ascoltatore a seguirli nel loro labirinto emotivo, ma l'hanno fatto con canzoni che, in fondo, restano accessibili. Sotto l'elettronica glaciale di Kid A e il nichilismo di Ok Computer, pulsa un cuore pop capace di tenere in piedi tutto.
L'autore ricostruisce la strategia anti-industria della band, che vede la guerra per il Format con la strenua difesa del concetto di album contro la frammentazione digitale. L'opposizione di Yorke e soci a distribuire la musica su piattaforme come iTunes che svalutavano l'opera completa è vista non come snobismo, ma come una mossa politica. Dal quasi-successo mainstream degli anni '90, si sono lanciati nel vuoto con dischi che hanno letteralmente distrutto il concetto di album rock, per poi risalire con mosse rivoluzionarie, come il pay what you want di In Rainbows che nel 2007 vide il download a prezzo libero, il cui vero obiettivo era ottenere la completa proprietà dei loro diritti in un momento di fragilità per l'industria, dimostrando che la mossa non fu solo un gesto etico, ma una vittoria strategica ed esecutiva.
I Radiohead, in fondo, sono sempre stati una bara trasparente, lo suggerisce una metafora dell'autore, attraverso cui possiamo osservare l'agonia del pop che non riesce a invecchiare bene. Il genio dei Radiohead non sta nell'essere alternativi, ma nell'aver costretto l'industria a riconoscere l'autorità dell'artista e se la musica pop è morta e risorta infinite volte, solo quando Thom Yorke decide di rompere il silenzio, riusciamo a sentirne la vera voce. "Pop is dead" è la mappa che spiega come i Radiohead siano rimasti un baluardo, spostando i confini del pop senza smarrire la canzone, tenendo insieme accessibilità e inquietudine. È un volume che spinge chiunque li ascolti, dal fan storico al neofita dello streaming, a riflettere sul prezzo e sul valore dell'arte nell'era del caos.
Fernando Rennis. Giornalista e saggista, è autore di "Charming men. La storia degli Smith", sempre per Nottetempo, e di "Un glorioso fallimento. L'eterno presente della Factory Records" per Arcana
Pop Is Dead, la storia dei Radiohead Autore: Fernando Rennis Editore: Nottetempo Brossura € 18,90 € 17,96 e-book € 12,99 ISBN 9791254801918 N. Pagine: 348 Formato libro: 14x20
Articolo del
18/11/2025 -
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