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Descrizione di paesaggi e di corrispondenti emozioni: questo il nodo fondamentale degli album di Emma Grace, compositrice, cantante e violinista italo-americana, che torna con il suo quarto album, Satellites, per l’etichetta Trovarobato.
Dopo Backgrounds (2017), che parlava di emozioni fluide e di acqua, Wild Fruits and Red Cheeks 2020), che narrava di frutti e spine ma anche di scoperta, desiderio e timidezza, e Cravings of Pegasus (2021), che dal fango faceva sorgere Pegaso e con lui il rifiuto del linguaggio formale, adesso con Satellites si passa alle grotte e al deserto, ma anche al cielo notturno, con tutto ciò che ci rivela.
Al di là della successione degli album Emma Grace mantiene un punto fermo, un fulcro rispetto al quale si muove tutto quanto l’artista descrive musicalmente: il corpo, l’esistenza materiale, la percezione, una sorta di cartesiano sentio ergo sum, anziché cogito ergo sum, provo emozioni e quindi esisto.
Dal punto di vista del genere Satellites non è un semplice prodotto musicale dream/experimental pop o ambient music, ma un elaborato artistico ben strutturato e multiforme, denso di una tranquilla emotività ed espressione di dualismi di varia natura: il legame con la natura e quello con il corpo, il percorso umano e quello musicale, la dimensione musicale classica e quella sperimentale, in definitiva la ricerca di una sintesi fra la dualità.
Emma Grace ha studiato violoncello e violino sviluppando poi autonomamente l’esperienza musicale; dopo aver vissuto a Parigi per tre anni si è spostata a Venezia e quindi in Umbria e lavora attualmente come musicoterapeuta.
Come artista lavora con trame acustiche ed elettroniche, field recording e stratificazione orchestrale, sondando il legame tra voce, corpo, presenza e scenari sonori. Mescola registrazioni lo-fi, composizioni visuali e performance dal vivo, e i suoi lavori discografici sono il risultato di un percorso personale e spontaneo, mai interamente preordinato.
Quello che è contemporaneamente un metodo di lavoro ma anche uno stile è evidente anche nell’ultimo album Satellites, già dalla prima traccia “Hyena”, la prima traccia, cortissima, una sorta di prolusione dell’intero album, densa di elaborazioni sonore ben congegnate e singolari non comuni, che sfocia nella successiva “Scars and stars”, che prosegue con elaborazioni particolari alle quale si aggiunge la voce.
La title track si distingue rispetto alle precedenti due tracce, così come “N.F.T.W.”, più rock, almeno per l’impostazione che successivamente si perde in qualcosa di etereo.
Caratteristico e onirico, “Ark”, quasi surreale e mistico per le modulazioni che la voce effettua insieme alle altre di sottofondo, con un detuned generalizzato dove la voce principale sembra farsi strada nel tessuto musicale sottostante.
Reminiscenze di altri luoghi appaiono sia in “The Roe” che in “Lava”, in quest’ultimo grazie alle sonorità tribali.
“Fireflies”, il pezzo finale, è un vero e proprio capolavoro a partire dai pizzicati iniziali accompagnati dai suoni bassi, che riescono veramente a rappresentare le lucciole che volano di notte su un prato mentre la luna splende, fino all’entrata del violino che fa scomparire il sottofondo per poi andare alla chiusura, quasi a rappresentare che la magia di queste piccole stelle viventi è svanita e la notte è tornata buia.
Solo per ascoltare questo pezzo varrebbe la pena di acquistare l’intero album che è un insieme di pezzi delicati, fortemente espressivi e immersivi, perfetta colonna sonora per un momento di riflessione
TRACKLIST 1. Hyena 2. Scars and Stars 3. Satellite 4. Stuck 5. N.F.T.W. (not from this world) 6. Ark 7. The Roe (wild you) 8. Lava 9. Fireflies
LINE UP Emma Grace, musica e testi, violino, voce e suoni elettronici Tobia Poltronieri, chitarre Alessandro Cau, percussioni Tancredi Emmi, basso e contrabbasso Federico Fenu, trombone
Articolo del
26/10/2025 -
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