Un’esibizione assolutamente straordinaria, per un gruppo fuori dal comune come i Laibach, la band di industrial rock che si è formata in Slovenia nel lontano 1980 e che da allora in poi non ha fatto altro che sorprendere gli appassionati di musica con performance a metà strada fra teatro e musica, e sempre molto intense.
Questa sera al Teatro Parioli non c’è il pubblico delle grandi occasioni, d’altronde i Laibach preferiscono di gran lunga proseguire il loro discorso, epico, storico, indagatore dei fenomeni di massa, che cercare consensi. Guidati dall’imponente e carismatica figura di Milan Fras, il cavernoso vocalist della band, i Laibach si presentano sulla scena intorno alle 21,30 e propongono subito, con lo stesso ordine che compaiono sul disco, le canzoni di The Sound of Music, album del 2018.
Si tratta di un lavoro decisamente atipico e originale che mescola in maniera grottesca radici folk mitteleuropee con le musiche tradizionali del popolo della Corea del Nord. Sì perché i Laibach sono stati il primo gruppo pop-rock occidentale ad essere invitato a esibirsi a Pyongyang. E’ successo nel 2015, in occasione del settantesimo anniversario dalla fine dell'occupazione giapponese. Una occasione ghiotta per la band che aveva basato tutta la sua ideologia su una collocazione geo-politica ad Est, in risposta ad un Europa Occidentale in fase di decadimento. Per quanto assurdo potrebbe sembrare i Laibach hanno finito con il diventare rappresentanti della nostra cultura in un territorio per certi versi ostile alle contaminazioni.
E allora quale è stato il tramite? Il film “Tutti Insieme Appassionatamente”, tradotto come ”The Sound Of Music” e arricchito con temi musicali della cultura coreana. La visione di un classico come il film di Robert Wise è utilizzata in Nord Corea per insegnare inglese nelle scuole e contiene molti momenti di retorica patriottica. I Laibach sono sempre stati grandi Maestri nell’Adattamento che, fin dall’inizio della loro storia, hanno fatto diventare una forma d’Arte. La propaganda, la cultura di massa, il concetto di oppio del popolo all’interno di un regime totalitario: un momento imperdibile questo per far deflagrare i contrasti, le contraddizioni.
Brani come “Arirang”, classico del folk coreano, e canzoni più famose come “Climb Every Mountain”, “Do-Re-Mi”, “Edelweiss” , “So Long, Farewell” e la sintesi azzardata di “Maria/Korea” hanno vissuto una nuova stagione anche questa sera a Roma, mentre scorrevano sullo schermo le immagini e i volti rappresentanti la vita sociale e la cultura di massa che vige in Corea del Nord. In questa prima parte dello show, prevale la componente wave dei Laibach ma, dopo quindi minuti di intervallo, Milan Fras si spoglia del lungo cappottone bianco, in cui si era volutamente imprigionato, e orna con un completo nero, prettamente gothic dark e da combattimento.
Il secondo atto dei Laibach è qualcosa di temibile: sonorità talmente fragorose e dissonanti che fanno sembrare i Rammstein un gruppo di ragazzi che giocano nel cortile condominiale. La voce di Milan Fras è ancora più oscura e il rock industriale si afferma questa volta come il reale marchio di fabbrica della band, che affoga nel rumore, che ci regala momenti talmente esaltanti che non si riesci più a stare seduti sulle sedie. Brani come “Zmrt Za Zmrt “ , “Nova Akropola” e “Ti, Ki Izzivas” gettano il pubblico nel panico più totale, trasformano gentili signori avanti negli anni in altrettante macchine da guerra, furiosi e pugnanti. Uno scenario del genere, tipico della storia dei Laibach, ci ricorda come questa band rappresenti l'ala musicale del collettivo artistico-politico Neue Slowenische Kunst ( NSK). L’intento dell’ N.S.K. è quello di indagare l’estetica del potere e della sottomissione, l’annullamento del singolo nel collettivo e quali sono le chiavi del simbolismo e della retorica della classe dominante ai fini della costruzione di uno Stato/ Nazione.
I Laibach sono sempre stati accusati di essere dei fanatici della simbologia nazista o pseudo-fascista. Niente di più sbagliato: si sono interessati a questi fenomeni soltanto sotto il profilo estetico e, in parte, anche musicale (certe tonalità si adattano perfettamente alla voce di Milan Fras). I Laibach non amano rilasciare interviste, ma non hanno mai nascosto le loro propensioni politiche. Questa una delle loro ultime dichiarazioni: “Se il Socialismo vuole rimanere solido e credibile, deve smettere di essere sinonimo di Democrazia. Deve essere talmente coraggioso da restare barbarico! “
L’ultimo atto dello show prevede una terrificante cover di “Sympathy for The Devil” dei Rolling Stones. Un pezzo smontato, destrutturato, privato di qualsiasi chiave melodica e modificato nella ritmica, che dimentica le origini blues e diventa ancora più ossessionante e letale. Un impatto volutamente ostico, rigoroso e impenetrabile, un elogio della mistica del rumore che ci accompagna in una serata difficile da dimenticare
(foto di Viviana Di Leo)
SET LIST Atto I The Sound of Music Climb Ev'ry Mountain Do-Re-Mi Edelweiss My Favorite Things The Lonely Goatherd Sixteen Going on Seventeen So Long, Farewell Maria/Korea Arirang Atto II Mi kujemo bodočnost Smrt za Smrt Nova Akropola Vier Personen Krvava Gruda - Plodna Zemlja Ti, Ki Izzivaš Encore Sympathy For the Devil The Coming Race Surfing Through the Galaxy
Articolo del
04/04/2019 -
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