Le case di Piero Ciampi e di Amedeo Modigliani nella via Roma a Livorno sono una di fronte all’altra. Nel giorno del Premio Ciampi, due musicisti si affacciano alle finestre degli edifici attraversati da una strada; saranno in tutto una decina di metri in linea d’aria e improvvisano un dialogo fra tromba e sassofono. È il modo più adatto per iniziare la lunga finale del premio Ciampi, assegnato quest’anno a Cristiano De André che la giuria ha decretato essere “la voce di quelli che non si sanno rassegnare a una notte senza stelle da contare”.
Ciampi non fu un cantautore comune così come Modigliani anticipò di gran lunga il costume degli artisti contemporanei. Per entrambi essere moderni equivaleva a una questione scomoda perché immaginavano un futuro diverso da artisti maledetti per l’incessante polemica antiborghese e lo stile di vita bohémien. Il titolo della venticinquesima edizione del premio rappresenta il valore universale del cantautore livornese: “Ciampi ieri, oggi e domani” è il motto che gli impeccabili organizzatori hanno scelto per il quarantennale della morte del poeta in musica. Il 2020 segna una svolta importante per il premio della canzone d’autore che ha avuto un’anteprima a Genova in Via del Campo, nel museo dei cantautori diretto da Laura Monferdini: Livorno e Genova gemellate nel segno della canzone d’autore. Per questo con la Monferdini c’è un altro illustre genovese: Gianfranco Reverberi, compositore, pianista e produttore; il perno su cui ha ruotato la musica italiana degli anni Sessanta e Settanta, il discografico che ha lanciato Tenco, Paoli, Gaber e Jannacci, uno dei primi a proporre il rock’n roll in Italia.
Reverberi fu grande amico di Piero Ciampi con cui condivisero il servizio militare nelle Marche e poi fu autore e produttore del cantautore livornese. Reverberi sale sul palco del teatro Goldoni e suona “Fino all’ultimo minuto” , il brano da lui composto e pubblicato nel disco in cui Ciampi, reduce dall’esperienza a Parigi, viene definito “l’italiano”, peraltro senza l’apostrofo. In quello storico album c’erano dodici canzoni e Ciampi avvertiva: “Sono dodici canzoni per una donna che ho amato e che ho perduto, dodici ricordi che sono la Bastiglia del mio cuore”.
La sera scende dolce nel porto di Livorno, proprio come sarebbe piaciuto a Piero che in molte poesie ha descritto la sua città. Versi ideati mentre camminava per la strada, facendo soliloqui nel porto delle illusioni con la speranza di incontrare “qualcuna come lei” . Sì, perché Piero ha perso tutte le sue donne e con loro ha perso la casa, la famiglia, i figli ma gli è sempre rimasta la poesia di cui andava fiero. “Per sapere cos’è la solitudine bisogna essere stati in due, altrimenti qualcuno ti deve raccontare che cosa è la solitudine” . Dall’impotenza dei sentimenti nacque quel capolavoro che è Tu no, canzone della rinuncia scritta a toni ancora più cupi di Non andare via di Jacques Brel.
Cristiano De André la canta nel Teatro Goldoni accompagnato alla chitarra da Osvaldo Di Dio e attraverso la sua interpretazione si riesce quasi a toccare con mano il lirismo del dolore. È la parabola del male che ti viene addosso, ti travolge e a cui non puoi porre rimedio. Cristiano non si nasconde: “Ho pensato alla fine del mia famiglia, dei vecchi saggi, mio nonno, mio padre, mio zio, mia madre, tutti scomparsi in sette anni” . E l’emozione è ampliata dal ricordo di ventitré anni fa quando Cristiano accompagnò il padre a prendere lo stesso premio. Tu no, quel grido di dolore che Ciampi urlò dopo l’abbandono della sua Gabriella diventa il grido di Cristiano e tutto torna nelle motivazioni della giuria: “Mai come nel caso di Cristiano De André la vicenda artistica si è dipanata a così breve distanza da quella umana.
La possiamo considerare un lungo dialogo con se stesso e con il padre Fabrizio. Nel corso di una carriera ormai quasi quarantennale” , dice il presidente Antonio Vivaldi, “Cristiano, oltre a dare prova di sé come eccellente strumentista ha inciso canzoni in cui non ha avuto paura di dimostrarsi romantico, oppure fragile, oppure dubbioso. Da oggi lo possiamo considerare la voce di quelli che non si sanno rassegnare a una notte senza stelle da contare”. Ma le stelle che Ciampi cantò in modo davvero diversa dagli altri cantautori ci sono eccome nella notte gelida di Livorno: “Figli vi porterei a cenare sulle stelle ma non ci siete” , scrisse Ciampi in Sporca estate, uno dei tanti brani in cui imprecava o usava l’antica tecnica del vituperium senza mezzi termini, sino ad arrivare al vaffanculo.
“Finirà come sempre, una porta chiusa a chiave, dentro a un letto disfatto, dentro una stanza buia. La luce delle stelle spenta sotto i corpi che si muovono a distanza senza amore sono alibi di sesso. Perché dici di amarmi? Talvolta temo davvero di non amare più nessuno e di non riuscire ad amare e invece l’incontro è sacro per questo. Incontro qualcuno che mi fa pensare che sono ancora capace di amare” . Ciampi non fece nulla per piacere al pubblico, dice il maestro Reverberi, ma i giovani lo stanno riscoprendo. La canzone d’autore è viva e nello spettacolo lo ribadisce il giornalista Andrea Scanzi che tratteggia la figura di Ciampi e regala alcuni aneddoti gustosi assieme all’Orchestra multietnica di Arezzo e a Paolo Benvegnù. Cantano i La Crus e Omar Pedrini, suonano Andrea Pellegrini col Trio di Livorno.
Per Cristiano De André è un punto d’arrivo e di ripartenza: “E’ il momento che tiri fuori me stesso” , afferma, “e che vi racconti come la penso” . Ma prima del suo nuovo disco, intanto, è previsto per il prossimo autunno l’uscita di un Dvd basato sull’ultimo tour Storia di un impiegato ma che conterrà un “film nel film” per la regia di Roberta Lena.
La venticinquesima edizione del Ciampi si chiude così tra musicisti che per strada improvvisano il ritornello: “Quanto è bello il vino, rosso, rosso, rosso” e vecchi amici che si ritrovano al ristorante l’antica Venezia dove mangiava Dedo Modigliani: il tempo se ne va, recita un inedito di Ciampi: “Andando via talvolta dolcemente, mani perdute tutto alle spalle… la sera scende in fondo al cuore, solo mani perdute, solo buio profondo e il tempo se ne va. L’amore in cima, l’anima in fondo”.
Articolo del
25/01/2020 -
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